Che cosa è il certificato di abitabilità
immobiliare e le norme che lo disciplinano L'obbligo del rilascio del
certificato di abitabilità dell'immobile oggetto di compravendita,
costituisce un controllo di natura pubblicistica che, con oggetto i
requisiti di salubrità; degli edifici a destinazione residenziale,
risale all'art. 39 della legge 5849/1888 (Legge per la tutela della
igiene e della sanità; pubblica, poi trasfuso nell'art. 69 del R.D.
636/1907 ;Testo unico delle leggi sanitarie;) che stabilì che le case di
nuova costruzione, od in parte rifatte, non potessero essere abitate se
non dopo l'autorizzazione del Sindaco, determinando, poi, le modalità;
del rilascio di suddetto provvedimento. E solo con l'art. 221 R.D.
1265/1934 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie;), che
venne operata una mutazione sulla terminologia dell'atto, ma non della
sua sostanza, dove venne definito “autorizzazione del podestà;”,
prevedendo quali condizioni indefettibili per ottenerne il rilascio, la
conformità; della costruzione al progetto approvato, il prosciugamento
delle mura, l'assenza di altre cause di insalubrità;.Oggi, il testo
normativo di riferimento;in punto di disciplina del certificato di
abitabilità; rectius di agibilità; risulta essere il Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, il D.P.R.
380/2001, che ai suoi articoli 24 e 25, ne disciplina la natura, nonchè
il procedimento da seguire per ottenerne il rilascio .Tale testo,
nell'abrogare le precedenti normative, ha ricondotto ad unità la diversa
terminologia utilizzata in materia: abitabilità-agibilità.
Precedentemente a tale norma, infatti, si utilizzava il termine
abitabilità, riferendosi agli immobili ad uso abitativo, e il termine
agibilità veniva utilizzato per gli immobili ad uso non
abitativo. Dunque, seppur in gergo tecnico e invalsa la dizione
abitabilità, in riferimento anche agli immobili ad uso abitativo, la
norma parla di “certificato di agibilità I contenuti del certificato di
agibilità e gli interventi sull'immobile per i quali deve essere
richiesto Il concetto di agibilità fa riferimento non solo alle
condizioni di igiene, di sicurezza e salubrità, ma anche alla
sussistenza delle condizioni del risparmio energetico degli edifici e
degli impianti negli stessi installati, valutate alla stregua di ciò che
dispone la normativa vigente. Gli interventi effettuati sull'immobile
che comportano la richiesta del certificato, sono non solo le nuove
costruzioni, così; come appare sicuramente ovvio, ma anche le
ricostruzioni o sopraelevazioni, siano esse totali o parziali; gli
interventi su edifici già esistenti che possano però andare ad influire
sulle condizioni di sicurezza, di igiene, di salubrità, sul risparmio
energetico degli edifici stessi e degli impianti Chi deve richiedere il
certificato e l'iter amministrativo per ottenere l'onere della richiesta
è a carico del soggetto che ha ottenuto il permesso di costruire o
di colui che ha presentato la denuncia di inizio attività, e dei suoi
successori o aventi causa, entro quindici giorni “dall'ultimazione dei
lavori di finitura”.Per la procedura della richiesta e del rilascio,
ecco quanto e previsto dalla normativa vigente . La domanda deve essere
presentata allo Sportello Unico che provvederà ad inoltrarla al catasto,
corredata dalla richiesta di accatastamento, che deve essere
sottoscritta dallo stesso richiedente il certificato; dalla
dichiarazione di conformità dell'edificio rispetto al progetto
approvato, nonchè , di ciò che attiene alla prosciugatura delle mura ed
alla salubrità dei locali, oltre che dalle certificazioni che attestano
la conformità degli impianti istallati negli edifici adibiti ad uso
civile e i certificati di collaudo attinenti agli impianti stessi . La mancata presentazione di tale richiesta, viene sanzionata in
via amministrativa, con un importo da € 77,00 ad € 464,00 .Da questo
momento in poi, ha inizio l'iter amministrativo. Entro dieci giorni
dalla ricezione della domanda, lo Sportello Unico comunica al
richiedente il nominativo del responsabile del procedimento, ai sensi
degli artt. 4 e 5 della legge 241/1990. Entro trenta giorni dalla
ricezione della domanda, il dirigente o responsabile del competente
ufficio comunale, previa una eventuale ispezione dell'ufficio, è tenuto
a verificare la completezza e la regolarità della documentazione
prescritta, oltre alla sussistenza del certificato di collaudo di cui
all'art. 53 del Testo Unico edilizia; del certificato dell'ufficio
tecnico regionale per gli edifici costruiti in zone sismiche; delle
dichiarazioni di conformità alla normativa in tema di superamento delle
barriere architettoniche. Dopo di che, deve avvenire il rilascio .Il
termine di trenta giorni, può essere interrotto dalla pubblica
amministrazione per una sola volta, ed entro quindici giorni dal
ricevimento della domanda e solamente al fine di richiedere
documentazione integrativa, qualora risultasse mancante ai fini
dell'istruttoria e non possa essere acquisita autonomamente. Dunque, da
tale interruzione, il termine di trenta giorni comincia nuovamente a
decorrere a partire dal deposito della documentazione integrativa
richiesta. Trascorso tale termine senza alcuna pronuncia, si forma sulla
questione il silenzio assenso, purché sia intervenuto il parere
dell'Azienda Sanitaria Locale dichiarante la conformità delle
opere alle prescrizioni igienico-sanitarie e a condizione che la
documentazione sia tutta quella necessaria, oltre che regolare. Al
contrario, qualora venga accertata l'illegittimità del permesso di
costruire, si determina l'invalidità dell'agibilità dell'immobile. La
funzione giuridica del certificato e le responsabilità del venditore in
caso di mancato rilascio nella compravendita immobiliare Cosa può
comportare la mancata consegna di questo certificato, in caso di
compravendita immobiliare . Il documento assolve, dunque, ad una duplice
funzione: da un lato, attesta l'idoneità dell'immobile ad essere
adibito ad uso abitativo, una volta che abbia avuto esito positivo la
valutazione della sua conformità agli standard minimi di stabilità,
sicurezza ed igiene degli edifici (Cass. Pen.1996 n. 4311);
dall'altra, garantisce l'idoneità dell'immobile ad assolvere una
determinata funzione economico sociale e, quindi, soddisfare in concreto
i bisogni che hanno indotto l'acquirente ad effettuare l'acquisto (Cass.
Civ. 10 giugno 1991 n. 6576).Dunque, la sua mancata consegna da parte
del venditore, va sicuramente a determinare per l'acquirente un
nocumento circa il godimento e la commerciabilità del bene anche
qualora lo stesso sia stato costruito in conformità alle norme igieniche
e sanitarie, oltre che urbanistiche e le concessioni di edificare (Cass.
Civ. 3 luglio 2000 n. 8880). Dunque, si può affermare con certezza che
sia la giurisprudenza di legittimità, che quella di merito, abbiano
attribuito al certificato un'importanza determinante nelle relazioni di
scambio, costituendo un requisito indispensabile ai fini della
realizzazione della funzione economico-sociale dell'oggetto della
compravendita. Ricostruendo civilisticamente tale obbligazione, si deve
considerare che la stessa trova il proprio fondamento normativo
nell'art. 1477 del codice civile, per il quale, oltre alla cosa venduta,
“il venditore deve pure consegnare i titoli e i documenti relativi alla
proprietà e all'uso della cosa venduta”. Ai fini della tutela
dell'acquirente, risulta di fondamentale importanza individuare la
natura della responsabilità del venditore inadempiente e, anche tenendo
conto dei numerosi orientamenti giurisprudenziali che si sono
susseguiti, individuare se la mancanza del documento determini un vizio
genetico del negozio; se anche in caso di una comune volontà di
compravendere in sua assenza l'inadempimento sia comunque opponibile; se
l'inadempimento sia sanzionabile con l'eccezione ex art. 1460 c.c., con
la risoluzione contrattuale ex artt. 1453 c.c. e 1497 c.c., con il
risarcimento del danno e con l'esecuzione dell'obbligazione in forma
specifica. I diversi orientamenti giurisprudenziali sul mancato rilascio
del certificato Ripercorrendo i numerosi orientamenti e il lavoro degli
interpreti, si può affermare che l'assenza della certificazione non
comporta che il contratto sia affetto da invalidità specie di nullità,
cioè di un vizio genetico. Questo perché, per ciò che attiene alla
liceità e alla possibilità dell'oggetto del negozio, la giurisprudenza ha
costantemente rilevato che nonostante le difficoltà del caso, possa
comunque instaurarsi, di fatto, il godimento concreto della cosa venduta
(Cass. Civ. 13270 del 2000).Si potrebbe qualificare la nullità del
contratto per impossibilità dell'oggetto, infatti, soltanto nell'ipotesi
in cui dalla mancanza del certificato di abitabilità, derivasse un
impedimento assoluto del godimento
dell'immobile. Dunque, da quanto
detto, ne deriva che la carenza dell'abilità si configuri come una forma
di vizio funzionale della causa. Senza dubbio alcuno, siamo in presenza
di un inadempimento contrattuale da parte del venditore, che può dare
luogo sia alla risoluzione del negozio giuridico, sia ad una
ipotesi di risarcimento del danno< per aver consegnato un immobile privo
di quei titoli previsti dalla legge. Tale inadempimento potrà essere
fatto valere ai sensi dell'art. 1460 c.c., che,al primo
comma sancisce che “nei contratti con prestazioni corrispettive,
ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione,
se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la
propria,
salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati
stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto . Dunque, sul
punto, non vi devono essere state pattuizioni tra le parti, e
l'inadempimento sarà il presupposto per un'azione di risarcimento, il
cui quantum sarà commisurato a tutti quei costi necessari per ottenere
l'abitabilità;.Quando, invece, l'inadempimento del venditore lasci
supporre una situazione di fatto per la quale non sia possibile ottenere
il rilascio dell'atto amministrativo, si potrà agire in giudizio con
un'azione di risoluzione per mancanza di qualità, combinando il disposto
degli att. 1453 c.c. e 1497 c.c., lasciando impregiudicato il diritto al
risarcimento del danno. Nella maggior parte dei casi si tratterà di un
danno emergente; talvolta di un danno da lucro cessante che per, in fase
giudiziale, dovrà essere necessariamente oggetto di prova. Per un
orientamento giurisprudenziale, anche se minoritario, il caso di specie
si configura come un aliud pro alio, intendendosi tale fattispecie come
il caso in cui il bene oggetto di consegna, per le carenze essenziali di
quegli
elementi che, invece, dovrebbero caratterizzarlo, deve
considerarsi appartenente a tutt'altro genere rispetto a quello che le
parti hanno contemplato nel momento in cui hanno sottoscritto il
contratto di compravendita; dunque, non sarebbe idoneo ad assolvere
quella funzione economico-sociale che gli è propria (Cass. Civ. 442/96;
Cass. Civ. 1391/98; Cass. Civ. 8199/90).Nel caso di genere difforme, la
tutela giudiziale applicabile sarebbe, dunque, la risoluzione del
contratto, soggetta alle regole ordinarie, svincolata da termini di
decadenza e di prescrizione .Per la corrente giurisprudenziale
maggioritaria, invece, deve parlarsi non di diverso genus, bensiì di
mancanza di qualità la cui rilevanza è disciplinata dall'art. 1497 c.c.,
per il quale, al primo comma “quando la cosa venduta non ha le qualità
promesse, ovvero quelle essenziali per l'uso a cui è destinata, il
compratore ha diritto ad ottenere la risoluzione del
contratto
secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento,
purchè il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti
dagli usi In tal caso restano, però da rispettare quei termini di cui
all'art. 1495 c.c.: otto giorni per la denuncia del vizio al venditore a
pena di decadenza e un anno dalla consegna della cosa ai fini della
prescrizione dell'azione in giudizio. L'obbligo del rilascio in un
momento successivo alla sottoscrizione del contratto e il fatto del
terzo La situazione è un pò diversa qualora, invece, in sede di stipula
del contratto il venditore, d'accordo con l'acquirente, rimanga
obbligato a procurare la certificazione, al momento non ancora
rilasciata. In questa circostanza, non sarà possibile agire per ottenere
l'esecuzione in forma specifica dell'obbligazione assunta, posto che
l'obbligazione ha ad oggetto il fatto di un terzo (Pubblica
Amministrazione), da ricondursi alle previsioni normative di cui
all'art. 1381 c.c. per il quale “ colui che ha promesso l'obbligazione o
il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l'altro contraente, se il
terzo si rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso”.Dunque,
in tale circostanza, il debitore, o promettente, si impegna verso il
creditore a che il terzo tenga, oppure non tenga, un certo
comportamento .Nel momento in cui il terzo si rifiuti di obbligarsi,
oppure, essendosi obbligato non ponga in essere il comportamento
promesso, il debitore è tenuto a indennizzare l'altro contraente. Ciò si
verifica poichè il terzo rimane estraneo alla promessa e la norma
concentra la sua attenzione sul fatto che il promittente deve adempiere
all'impegno di procurare il fatto promesso e quando questo fatto, sia
positivo che negativa non si compie, il promissario ha il diritto di
agire per ottenere un indennizzo, ma non per ottenere l'adempimento in
forma specifica (perchè; l'obbligato è appunto un terzo), ne per
ottenere il risarcimento del danno. La liquidazione dell'indennizzo non
potrà che avvenire in forma equitativa. Laddove, invece, il fatto
compiuto non si compia per una causa che sia imputabile al promittente,
varranno le normali norme poste a sanzione dell'inadempimento, oltre che
per il risarcimento del danno. Il preliminare di compravendita Per ciò
che attiene il contratto preliminare di compravendita, si ritiene che
questo possa essere validamente, oltre che efficacemente, sottoscritto
in mancanza del certificato, dal momento che il promittente venditore
sarà ritenuto adempiente se procuri l'abitabilità entro il termine di
stipula dell'atto di trasferimento definitivo, in mancanza del quale, la
giurisprudenza ha ritenuto giustificato il rifiuto di stipulare (Cass.
Civ.15969/2000), tenuto conto dell'interesse dell'acquirente ad ottenere
la proprietà di un immobile che sia idoneo ad assolvere la funzione
economico sociale, nonchè a soddisfare quei bisogni che hanno indotto
all'acquisto. Il preliminare ad effetti anticipati La giurisprudenza
della Corte di Cassazione ha, invece, fatto un diverso ragionamento per
il cosiddetto <b>preliminare ad effetti anticipati, caso nel quale, “in
tema di promessa di vendita, qualora il contratto preliminare preveda
espressamente che il saldo del prezzo debba essere corrisposto dal
promissorio acquirente (non alla stipula del definitivo ma) alla
consegna dell'appartamento e tale consegna sia prevista in data
anteriore rispetto a quella fissata per la redazione dell'atto pubblico,
rientra tra le obbligazioni gravanti sul promettente venditore anche
quella di allegare il certificato di abitabilità dell'immobile
contestualmente alla consegna dell'appartamento (e non anche in sede di
stipula dell'atto definitivo), stante il nesso sinallagmatico che lega
le prestazioni del promissorio acquirente (versamento del prezzo) e
dello steso promettente venditore (consegna della cosa con contestuale
messa a disposizione dei documenti relativi alla proprietà ed all'uso
della cosa negoziata tra cui, appunto, il certificato di abitabilità,
indispensabile alla piena realizzazione della funzione socio economica
del contratto)” (Cass. Civ. 4513/2001). Le responsabilità del notaio e
del mediatore immobiliare La giurisprudenza ha poi soffermato la sua
attenzione su quali possano essere le responsabilità a carico dei
professionisti, notaio e mediatore immobiliare, in caso di mancanza
di tale certificato .Per quanto riguarda il notaio, l'orientamento
prevalente sostiene che questi non possa rifiutarsi di ricevere l'atto
di vendita in mancanza del certificato di abitabilità, visto che non si
e, in tal caso, in presenza di un atto nullo, e la legge stabilisce che
il professionista possa rifiutarsi di svolgere legittimamente il proprio
ministero solo in presenza di atti che siano espressamente proibiti
dalla legge e, cioè, quando la nullità assoluta sia comminata o sia
desumibile in modo inequivoco dalla legge .D'altro canto non e
plausibile ritenere che sussista per il notaio l'obbligo di accertare se
sia stato consegnato o meno il certificato di abitabilità, ma di certo,
visto che tale professionista svolge anche una consulenza qualificata a
favore dei contraenti, ha un dovere di informazione relativo a tutto ciò
che possa impedire la piena e corretta produttività di effetti
dell'atto. Qualora, invece, la vendita sia avvenuta con la presenza di
un mediatore, a suo carico si può configurare una responsabilità ex art.
1759 c.c., per mancata informazione dell'acquirente sulla mancanza del
certificato di abitabilità e, come ha affermato la Cassazione civile
nella sentenza n. 6219/1993, in merito ad un contenzioso giudiziale con
ad oggetto il rilascio di tale certificato, “l'obbligo del mediatore di
comunicare alle parti le circostanze a lui note relative alla
valutazione ed alla sicurezza dell'affare si riferisce non solo alle
circostanze accertate, ma anche a quelle di cui il mediatore abbia avuto
semplicemente notizia. I patti fra il venditore e l'acquirente;La
giurisprudenza, infine, non esclude, però, che possa sussistere tra le
parti un patto per il quale l'obbligo di richiedere il certificato gravi
sull'acquirente, e in tal caso l'immobile viene venduto senza
certificato, sul presupposto che il compratore abbia ugualmente
interesse all'acquisto (Cass. Civ. n. 201/1978). Allo stesso modo, è da
considerarsi pienamente valida ed ammissibile la comune volontà delle
parti di compravendere in assenza del documento, e non può di certo
considerarsi un inadempimento opponibile ex art. 1460 c.c., purchè,
pero', vi sia consapevolezza e volontà di acquistare comunque da
parte dell'acquirente. Come si è espressa chiaramente la Suprema Corte,
la sola conoscenza da parte del compratore del mancato rilascio della
licenza di abitabilità al momento della stipulazione di un contratto di
compravendita di un immobile destinato ad abitazione, non accompagnato
da una rinuncia da parte dello stesso al requisito, soddisfatto solo dal
rilascio della relativa licenza e dalla di lui volontà di esonerare
comunque il venditore dal relativo obbligo, non vale ad escludere
l'inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio ,
suscettibile di essere opposto in via d'eccezione dal compratore ai
sensi del 1660 c.c. (Cassazione civile n. 6576/1991; Cassazione civile
n. 442/1996.
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